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31/03/2008 - felice mill colorni - i governanti arabi sono alle porte: esiste un male minore?

Ma ha senso discutere della politica italiana attuale, e delle prossime elezioni politiche, con riferimento alle culture politiche (liberale, socialista, laica, ecc.)? Davvero può sembrarvi congruo parlare delle sorti del liberalismo italiano come di un problema radicato nei classici del ‘900, in relazione all’attualità politica di questi anni, quando qui stanno vincendo gli alieni, gente che spesso si considera orgogliosa erede degli ultimi briganti sanfedisti, quelli di cui si pensava già di avere fatto definitivamente piazza pulita (con mezzi sbrigativi e quasi sempre non encomiabili) circa centoquarant’anni fa? Probabilmente è anche peggio: stanno tornando al governo dell’Italia personaggi che non possiamo più neppure, come un tempo, paragonare ai governanti sudamericani, più simili come sono ormai a quelli dei paesi arabi che ai peggiori governanti conosciuti da un paese occidentale negli ultimi sessant’anni. Ormai, con l’annunciato ritorno dei berlusconidi (o, se gli andasse male, con la santa alleanza fra berlusconidi e Pd per riformare e “ammodernare” la Repubblica), gli ultimi quindici anni non possono più essere interpretati come una seconda “parentesi” nella storia italiana: qui siamo davanti a una nuova autoesclusione dell’Italia dall’Europa occidentale, simile a quella avvenuta con la fine del Rinascimento e con l’avvento della Controriforma (con il rigetto tremontiano della globalizzazione a fare da parallelo al soffocamento di allora nel Mediterraneo, mentre gli europei che cominciavano davvero a contare spostavano il baricentro del mondo sull’Atlantico). E senza che la società italiana abbia la minima consapevolezza del processo in atto di allontanamento civile e culturale dall’Europa (un po’ come i serbi non hanno ancor oggi alcuna consapevolezza delle responsabilità dei loro governanti nelle guerre jugoslave dello scorso decennio). È vero che è anche in atto un po’ in tutto l’Occidente un processo comune a tutti, ma che è molto più avanzato in Italia che altrove: la politica agita sta divorziando dalle culture politiche. In Italia, ormai, il processo è sostanzialmente arrivato al capolinea. I leader diventano followers, che inseguono elettori divenuti nuovi “buoni selvaggi” (talvolta neppure abbastanza ingenui da meritare il beneficio dell’aggettivo russoviano), resi analfabeti civili dal prolungato e quotidiano rimbecillimento televisivo, dall’assenza di arene pubbliche alternative e indipendenti sufficientemente autorevoli e frequentate, dalla plurisecolare propensione servile della società e della cultura. E, se ci sarà un parziale ringiovanimento dei quadri della politica, sarà peggio, perché i giovani che entrano oggi in politica sono stati abituati a considerare normale un sistema politico fondato su un fronte clericopopulista guidato da un personaggio come Berlusconi da una parte e una sua versione attenuata guidata da piacioni smarriti che possono sostenere qualunque cosa piaccia (o che presumano che piaccia) ai nuovi selvaggi o alle lobby più influenti (come quella vaticana) perché, semplicemente, di loro iniziativa non pensano più pressoché nulla: giovanotti e giovanotte così formatisi, se si danno alla politica, il più delle volte lo fanno perché pensano di trarne vantaggio sulla base dell’idea che della politica e dei politici si sono fatti i nuovi selvaggi e i loro tribuni prediletti; oppure, nel migliore dei casi, balbettando enormità da alieni sul giornale di Ferrara. Altro che fare gli schizzinosi e distinguere fra Croce, Einaudi, Bobbio, Mill, Cavour, Rossi o Salvemini come padri nobili per un intervento dei liberali in questa arena politica. Tutto ciò sarebbe certo utilmente discutibile in circostanze normali, ma non in relazione al desolato panorama di macerie che sta dietro l’angolo: qui è in arrivo la versione nostrana degli zaim arabi, benedetti dalla versione nostrana (vaticana) dei mullah e degli imam del Golfo. Il problema vero ormai riguarda solo la minoranza occidentalizzata (che, grazie alla globalizzazione, esiste ovunque, anche negli Emirati, anche nel Burkina Faso, anche in Italia), e consiste nell’individuare se davvero esista un male minore da opporre ai prossimi governanti arabi. Di fronte a questa minaccia di distacco dall’Europa e di azzeramento del Risorgimento mi pare che non abbia alcun senso proporsi volontariamente prospettive terziste (qualunque cosa si possa pensare degli eventuali compagni di cordata o dei padri nobili preferibili). Al tempo del fascismo allearsi nella Resistenza perfino con i comunisti stalinisti di allora fu certamente un necessario male minore, come lo fu nel ‘47 allearsi con i clericali di fronte alla minaccia stalinista. Ma oggi è un male minore un Pd i cui esponenti rigettano con sdegno il ruolo di contrafforte della decenza minima e del civismo minimo al berlusconismo, e non aprono bocca se non per dire che bisogna legittimarsi reciprocamente con uno schieramento avversario che non solo ai liberali, ma a qualunque cittadino appena civilizzato, non può che apparire alieno e indecente sotto ogni profilo, e che con quell’avversario, come se fosse una normale destra moderata europea, si apprestano a mettere le mani sulle garanzie costituzionali per riformarle e “ammodernarle”, e che non prendono nemmeno in considerazione (non l’hanno fatto in quasi due anni) l’ipotesi di dare attuazione alla sentenza costituzionale sul monopolio della televisione commerciale, e che fanno a gara (ed è perfino vano, perché è una lotta impari) per ingraziarsi il clericalismo estremista insultando quotidianamente i difensori dei residui brandelli della laicità delle istituzioni (cioè della pari dignità sociale dei cittadini)? Ormai il dilemma è in questi termini: è peggio essere governati dai governanti arabi mantenendo in vita qualche straccio di opposizione (senza ovviamente potersi fare nessuna illusione sulla sua consistenza quantitativa e qualitativa), o è peggio un pareggio senatoriale con un conseguente governo Veltrusconi che abbia come sola opposizione quella demente degli estimatori di Castro o dei veneratori della mummia di Lenin? La cosa peggiore in assoluto non è forse rafforzare un tendenziale bipartitismo fondato su questi due soggetti? La risposta è ardua e assai opinabile e deve tener conto del fatto che, in duecento anni di storia costituzionale della Gran Bretagna e degli Usa, è accaduto solo una volta in duecento anni negli Usa che uno dei due partiti fosse sostituito da un terzo emergente, e solo una volta in duecento anni in Gran Bretagna (e c’è voluto un evento delle dimensioni della nascita del movimento operaio; anzi, perfino quell’evento ha prodotto effetti sul bipartitismo britannico solo dopo qualche decennio). Francamente, non riesco a vedere realisticamente nulla di peggio del consolidamento dell’attuale bipartitismo italiano. Non, ad evitare equivoci, perché pensi che il bipartitismo sia in sé negativo, ma per la natura di questi due attuali e concreti soggetti italiani, in diversa misura (ben diversa, ovviamente) entrambi alieni rispetto ai normali protagonisti dello scontro politico negli altri paesi dell’Occidente liberale e che ci costringerebbe a rimanere a tempo indeterminato e forse per sempre non rappresentati nel sistema politico italiano. Per la Camera, comunque, avrà eventualmente senso porsi il problema solo sulla base dei sondaggi che trapeleranno negli ultimi giorni (se non ci fosse una evidente rimonta del Pd negli ultimi giorni, votare per il Pd anche come male minore sarebbe totalmente inutile perfino come astuta manovra tattica). Per il Senato (salva anche in questo caso l’ancor più improbabile rimonta dell’ultima ora) è certamente inutile almeno in una quindicina di regioni (ed è del tutto imprevedibile, potendosi addirittura rivelare controproducente, l’esito dell’eventuale “voto contro” ultratattico e ultraastuto, mirante a danneggiare gli alieni attraverso il rafforzamento di nanerottoli meglio piazzati, e selezionati non in base alla loro accettabilità ma in base al gioco aritmetico delle conseguenze di un loro successo o insuccesso sui due protagonisti maggiori); per le altre cinque o sei regioni (che per il mio personale sollievo non includono la mia), si tratta appunto di scegliere se Berlusconi sia peggio di un Veltrusconi senza neppure uno straccio di opposizione minimamente decente. Naturalmente, possiamo anche fingere invece di vivere in un paese occidentale più o meno normale e in una democrazia liberale più o meno normale. Purtroppo credo che sia un’illusione: non è (più) così.


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