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12/04/2008 - felice mill colorni – il voto: male minore o catastrofe creativa?

C’è una cosa su cui non sono d’accordo che è sottintesa, mi pare, nell’intervento di Pellizzetti: che non possa andar peggio, e anche molto ma molto peggio. Da buon realista-pessimista (tratto bobbiesco che mi caratterizza profondamente e che credo sia il principale propellente delle occasionali divergenze con altri amici di Critica, molto più aperti di me alla speranza e a ipotesi di “rigenerazione” – parola che mi stupisco sempre rientri nel vocabolario di qualcuno di noi) penso che non ci sia limite al peggio, e che la storia abbia molta più fantasia di noi in materia. Per inciso, Mauro Barberis ha ragione: Felice sarebbe pseudonimo del tutto inappropriato se si riferisse a un orientamento intellettuale o esistenziale. Ma è solo un omaggio a Felice Cavallotti – politico, peraltro, molto meno pessimista di me, anche se abbastanza sanamente realista – e dato che in 25 anni l’ha intuito una persona sola – Antonella Braga – tanto vale esplicitarlo. Peraltro, è vero che in Bobbio il realismo e il pessimismo si accompagnavano a un atteggiamento di dubbio permanente che portava a esiti talvolta paralizzanti; ma i due elementi non mi sembrano indissociabili. D’altra parte nel mio intervento pubblicato in questo forum l’altro ieri con il titolo “dichiarazione di voto” non auspicavo per nulla una grande affermazione del Pd e mi limitavo a proporre di dargli il minimo sostegno indispensabile perché quello che è il pessimo attuale non abbia mano libera totale, e per di più con il nostro avallo. Se i barbari devono vincere, preferisco che il loro governo sia almeno instabile. Tutto qui. Neppure io credo molto al recupero veltroniano dell’ultima ora (anche se è difficilissimo prevedere la distribuzione delle astensioni, il che può consentire sorprese, almeno relative). Ed è anche vero che il pareggio senatoriale potrebbe ulteriormente agevolare pratiche collusive, ma mi pare che il cammino dell’ipotizzato “connubio sulle regole” sarebbe almeno più sconnesso della marcia trionfale verso l’abisso che una solida maggioranza consentirebbe ai barbari: credo che per il Pd, per quanto si possa sforzare, competere in barbarie con i berlusconidi sia impossibile, se non altro perché è superiore alle sue forze. Di geni del male ne nasce solo uno ogni mezzo secolo. D’altra parte, mi sembra che, soprattutto per chi consideri il Pd inemendabile, non abbia neppure senso sperare che sia dalle ceneri della sua catastrofe che possa nascere, come spera Pellizzetti, un “Nuovo Inizio”. Io non credo alla sostanziale emendabilità dei materiali di cui è prevalentemente costituito il Pd (questo è il solo vero equivoco che mi sembra di notare nell’intervento di Pellizzetti), ma ancor meno ai “Nuovi Inizi” e alla desiderabilità degli esiti possibili di una (ennesima e più definitiva) catastrofe. “Tanto peggio tanto meglio” è un programma che non sarò mai disposto a condividere. Dal peggio berlusconiano credo possa nascere solo un ulteriore e ancor più pervasivo imbarbarimento generale. Io speranza e fiducia non ne ho, e da tempo. Ancor meno ne ho in risorse civili che attendono la catastrofe per dispiegarsi. Tanto meno nella sinistra italiana, ammesso che l’espressione abbia ancora qualche possibile significato, cosa che francamente non credo. E, già impegnato nell’impresa titanesca di difendere un significato diverso del termine “liberale”, non metterò in campo ulteriori energie residue nella guerra per il significato della parola “sinistra”, che mi sembra ormai divenuto purtroppo molto più univoco, sempre più distante dalle nostre elucubrazioni, e quindi meno scalfibile e ormai compromesso e sostanzialmente inservibile, almeno per noi. Al massimo, non un “Nuovo Inizio”, ma una possibile attivazione di una virtuosa minoranza attiva, potrebbe avere per interpreti quei segmenti di società civile, meno embedded nell’Italia profonda, che si sentono molto a disagio e che non sono rappresentati da nessuno. Non credo però che la catastrofe auspicata da Pellizzetti possa neppure produrre una grande proliferazione di quei segmenti: i quali certamente esistono, certamente si svegliano ogni tanto, entrano in agitazione per qualche mese se va bene, e rifluiscono dopo un po’ perché in società come le nostre non è la società civile che può cambiare direttamente le cose, se non si forma una classe politica capace di rappresentarla. Ma questo richiederebbe che il sistema politico italiano non si cementifichi nell’attuale increscioso bipartitismo tendenziale: il che, appunto, suggerisce di non rafforzare il Pd dove ciò non sia strettamente indispensabile ad arginare le orde. Penso che, di fronte a una catastrofe, il riflesso condizionato dei politici italiani, e di quelli del Pd in particolare, sarebbe quello di ritenere di non avere fatto uso sufficiente del populismo e della demagogia sfrenata che costituiscono la base del successo dei barbari. Ci attenderebbe, probabilmente, solo un imbarbarimento ulteriore, anche soggettivo, dei resti del Pd. È per questo che, pur non condividendo il relativo ottimismo di Mauro Barberis sul Pd, ma piuttosto il severo giudizio di Enzo Marzo, credo che, dove davvero è indispensabile – e cioè per il Senato e nelle sole regioni in bilico – votare per il Pd sia effettivamente votare per il male minore. E il meno peggio, convengo in questo totalmente con Barberis, è il solo voto possibile in una democrazia reale, e non utopica (al cui avvento, prossimo o remoto, in generale e in Italia in particolare, non ho creduto nemmeno da adolescente): se non altro perché è nella logica stessa della democrazia rappresentativa la reductio ad unum delle opinioni dei votanti di ogni partito. Credo invece che non sia impossibile – anche se in Italia estremamente improbabile per le ragioni ormai antropologiche della cui emersione Berlusconi è stato il catalizzatore – un relativo miglioramento della qualità della democrazia nel solco del progetto storico della modernità liberale e illuministica. Ma non credo che la scelta meno peggiore in quella direzione sia rafforzare il Pd lì dove questo non serva a fermare le orde barbariche, cioè alla Camera, che, ormai, pare appannaggio delle orde, e al Senato nelle regioni in cui il premio di maggioranza non è in discussione: qui, e solo dove il premio di maggioranza è precluso ai berlusconidi e i sonnambuli dell’Arcobaleno sono prossimi alla soglia dell’8%, cioè in sostanza nelle regioni un tempo “rosse”, votare per questi ultimi nonostante la loro bêtise può effettivamente contribuire ad arginare le orde degli alieni. L’orientamento prevalentemente ultraclericale (se giudicato con il metro europeo) del Pd, la sua dichiarata disponibilità a “riscrivere le regole” (proprio le regole!) con i barbari e l’imperdonabile (letteralmente imperdonabile, politicamente imperdonabile) scelta suicida di non consentire l’apparentamento con una lista radicale e una socialista – come invece è stato giustamente fatto con l’Idv – a mio avviso vanno puniti. (Naturalmente, per chi vota a Roma, il canale migliore per esprimere l’insoddisfazione della democrazia laica è la candidatura a sindaco di Franco Grillini, eventualmente anche con voto disgiunto). Così si può anche contribuire ad ostacolare, qualunque cosa si pensi del bipartitismo in astratto, la cementificazione del sistema politico italiano attorno agli attuali due protagonisti – repellente l’uno, estraneo a una moderna democrazia liberale anche l’altro – che si stanno giocando le sorti di questo disgraziatissimo paese.


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